Andrebbe percorsa almeno una volta via del serbatoio, una delle strade più lunghe della città di Napoli, che racchiude in se, storia e ingegno e dove ancora oggi vi sono punti in cui è possibile ammirare scorci di una Napoli incredibile.
Proprio qui in una delle tante abitazioni in tufo, vi abita la famiglia Palmieri, una antica famiglia di contadini produttori, ancora oggi dei migliori friarielli che abbia mai provato.
Saluto spesso don Ciro Palmieri, se pur ottantenne lo si trova sempre in cerca di soluzioni per sistemare ogni oggetto di sua moglie Concetta, un tempo sarta per vestiti di matrimoni, oggi entrambi nonni a tempo pieno con i loro sette nipoti, entrambi sempre indaffarati tra il raccolto da curare e i pianti di Martina la loro ultima nipotina di appena 6 mesi.
Via del serbatoio un tempo univa via Fontanelle, in pieno quartiere Stella, fin su ai Colli Aminei, in piena zona ospedaliera.
Fu proprio don Ciro lì da sempre, nel raccontarmi quella strada e una loro usanza di famiglia. Via del serbatoio realizzata per il deflusso delle acque piovane, che, appunto, dalla collina venivano convogliate fin giù in centro città, ospitava fertili campi agricoli e abitazioni ricavate dalle cave di tufo, ancora oggi perfettamente visibili.
I suoi avi hanno da sempre coltivato i migliori friarielli, buona parte del raccolto veniva e viene donato in una delle tante mense della città, è una antica usanza di famiglia che ancora oggi don Ciro rispetta con estrema precisione.
Proprio in uno dei tanti pomeriggi, mentre don Ciro caricava ogni bene per la vicina mensa dei senza fissa dimora e sua moglie dondolava la piccola Martina appena sveglia, mi mostrò uno dei tanti arnesi, “il vomere” ancora oggi utilizzato dai contadini per arare i campi, in grado di smuovere il terreno, rendendolo maggiormente feritele per la nuova stagione.
Proprio qui dove il deflusso delle acque piovane irrigava i campi e l’aria pulita consentiva una agricoltura florida, in primavera si teneva il “gioco del vomere”.
Decine di contadini della collina si sfidavano, vinceva chi con l’aratro realizzava il solco più diritto.
Tra i più bravi vi era appunto un suo avo, don Ciccio, che ha tramandato quella antica usanza di donare parte del raccolto, in vigore ancora oggi.
Poi guardando in alto verso gli enormi piloni della tangenziale che sovrasta una parte di via del serbatoio, si ferma don Ciro, muove il suo sguardo verso un prato enorme e indicandolo con mano ferma, mi spiega con minuziosi dettagli la folla di napoletani che ogni settimana “saliva su” fino in collina per “vedere il gioco del vomere”.
Ed è così che negli anni, quella collina divenne per tutti il Vomero.
Oggi via del serbatoio è diventata una strada fin troppo sconosciuta, ancora oggi è possibile osservare scorci di incredibile bellezza, percorrerla tutta riporta ad una Napoli di un tempo, tra abitazioni ricavate nelle immense grotte di tufo, dove antichi giardini testimoniano l’eleganza di un tempo, è una continua emozione percorrerla fin giù in quello che per tutti noi oggi è la Sanità.
Nel suo testamento, tra un manipolo di figli e una infinità di nipoti, don Ciro non lascerà molto, ricordo però uno dei capoversi che mi colpì più di tutti, indicava con precisione quantità e destinazione del raccolto, raccomandandosi che l’antica tradizione del dono, non dovesse mai fermarsi.
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Storie verosimili della città di Napoli n.65: via del serbatoio e la magia dei friarielli napoletani.
Luoghi e nomi diversi, ma intrecciati in personaggi e storie della città di Napoli, realmente vissute ed esistenti.
Foto di Marco Maraviglia, Photo Polis la fotografia a misura d’uomo
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