Il paniere di Nina la maestrina

E impossibile non notare il paniere della signorina Giovanna, per tutti Nina. Nonostante non insegni più da tempo, con i suoi 80anni è un punto di riferimento qui nel quartiere. Ha insegnato per oltre trent’anni alla scuola Bovio-Colletta di Via Carbonara, buona parte dei residenti del quartiere è transitata sotto le sua formazione.

Ancora oggi per tutti è la “maestrina”, la chiamano così nel quartiere per il suo fisico minuto, ma tutti ricordano il suo forte e deciso temperamento in aula. Lo ricorda bene il geometra Ranieri, oggi quarantenne, uno dei suoi alunni, porta spesso qualche dolce alla sua ex maestra, spesso in coppia con Rosario, oggi appuntato dei Carabinieri, che con lei ha frequentato la quarta e quinta elementare. Sono tanti i suoi ex studenti, oggi padri, che le portano rispetto, riconoscenti per quella formazione che li ha resi uomini, prima ancora che adulti.

Sono quasi 10 anni che il suo fisico non le consente più di utilizzare le scale del suo palazzo in modo agevole, ma non è un problema per la maestra Nina, il quartiere la osserva più di ogni altra cosa, con attenzione e con dovuta devozione.

Ed è così che transitando per quella miriade di traverse di via dei Tribunali, il punto di riferimento è il paniere della “maestrina” attorno a cui ruotano i tempi di un intero quartiere, come quello di don Pietro, il salumiere storico, ogni mattina depone in quel paniere un mezzo litro di latte fresco e un quarto di pane caldo appena arrivato dal forno, è così tutti i giorni da oltre 10 anni. Spesso a “tirare il paniere” per avvisare Nina di portarlo su è il figlio Giorgio, che con un sorriso e un saluto attende la cospicua mancia che la maestrina non dimentica di elargire mai a nessuno.

Il Mercoledì tocca ad Armando, chiamato da tutti “il Chianchiere”, è lui che depone in quel paniere, il miglior filetto che transita nella sua macelleria, conserva per lei la parte più tenera che di denti non ne ha quasi più.

Il Venerdì è i turno di Pasquale, alla guida della sesta generazione della premiata Pescheria Coccia, attende ogni giovedì la chiamata della maestrina, pronto a spinare e pulire quanto richiesto in modo ineccepibile.

Ma quanto accade la domenica va raccontato con maggiore dettaglio, è così da oltre 40 anni, è la volta dei coniugi Ferraro che depongono in quel “panaro” il dolce domenicale, una usanza iniziata dal lontano 1980, proprio poche settimane dopo il terribile terremoto, quando l’allora giovane maestrina Nina continuò le lezioni in casa sua, salvando molti ragazzi difficili del quartiere, tra questi Ciro, il figlio scapestrato dei coniugi Ferraro.

Quello stesso Ciro che in bilico tra il perdersi e salvarsi, grazie proprio alle attenzioni di quella maestrina, divenne studente attento e interessato alle materie scientifiche prima e medico famoso poi, diventando ancora oggi un punto di riferimento di molte università in tutto il mondo. Ed è così, come in tante storie di questa città, che il progresso nulla può verso quelle usanze così forti, che rendono unica questa città, trasformando un semplice “panaro” in un punto di contatto tra generazioni diverse.

Storie “verosimili” della città di Napoli n.24

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