Questo in foto è Gaetano D’Angelo, per tutti noi Nino. Lo conobbi alcuni anni fa a Palazzo San Giacomo, ai tempi dello sportello “Difendi la città”, e lui, come tanti altri, fu coinvolto nel progetto.
Non avevo mai incontrato Nino da vicino, ma ciò che mi colpì fu la sua aria da vero partenopeo, lontano dai modi strani e ridicoli che spesso vediamo in alcuni personaggi dello spettacolo.
Sì, proprio lui, Gaetano D’Angelo, è una storia da raccontare, un esempio per tutti noi, più di ogni altro youtuber moderno.
Suo padre Antonio era un operaio, mentre sua madre Emilia ha tenacemente cresciuto la numerosa famiglia con i suoi sei figli, di cui Nino è il primogenito.
Una famiglia come tante, in un quartiere poco conosciuto di Napoli, San Pietro a Patierno, spesso confuso con la vicina Casoria. In realtà, è tra i quartieri più importanti, ospitando gran parte dell’aeroporto di Capodichino, che ricade appunto in questa particolare area della periferia nordorientale di Napoli. La sua è la storia di un napoletano che ce l’ha fatta. Pur nato in un quartiere “difficile”, in una famiglia numerosa e con poche risorse economiche, e in un periodo critico per la città, fin da piccolo ha dovuto conciliare la scuola con il lavoro, prima come commesso in un negozio di scarpe, poi come gelataio alla stazione di Napoli Centrale.
Gaetano, da sempre conosciuto come Nino, ha iniziato fin da giovanissimo a farsi notare per le sue doti musicali. Prima si esibiva a qualche matrimonio, poi, con i pochi soldi raccolti e qualche risparmio di famiglia, nel 1976, a soli 20 anni, incise il suo primo disco. Da lì, fu subito riconosciuto in tutta la nostra regione e, passo dopo passo, raggiunse notorietà anche nel resto del Sud Italia.
Pochi anni dopo, a soli 22 anni, sposò Annamaria. Nonostante la giovane età, fece molta strada in una Napoli degli anni ’80, segnata dalla criminalità organizzata e dal terremoto dell’Irpinia, che dipingevano una città negativa, dove gli stereotipi erano rafforzati da mille storie di cronaca nera.
Ma non per Nino. Pochi mesi dopo il grave terremoto dell’Irpinia, esordì al cinema con il suo primo film, un successo clamoroso in tutta Italia, seguito da altri film, quasi uno all’anno, nel 1982 e 1983. Quel ragazzo dal caschetto bianco, proprio negli anni più difficili della nostra città, portò in giro una Napoli diversa, diventando un inconsapevole precursore della “Nuova Napoli”, simbolo della napoletanità. Anche se sono passati oltre quarant’anni, la sua notorietà non ha mai intaccato il suo concetto di amore e famiglia, che lo lega fortemente ad Annamaria.
Il suo successo non si fermò: nel 1985 i suoi dischi erano venduti in tutta Italia. Arrivò a Sanremo, ottenne il suo primo Disco d’Oro e intraprese le sue prime tournée internazionali: Belgio, Germania, Stati Uniti, Francia. Nel 1986 si esibì all’Olympia di Parigi, dove si erano esibiti, tra gli altri, i Beatles e i Rolling Stones, un evento raro, che aveva visto protagonista, prima di lui, solo un altro italiano: Adriano Celentano.
Nella sua vita ha affrontato tante cadute, ma, come un vero partenopeo, si è sempre rialzato. Per tutti noi ha fatto rivivere una delle zone più degradate di Napoli, Forcella, quando dal 2006 al 2010, come direttore artistico del Teatro Trianon, ridiede vita a un teatro chiuso da anni, accendendo quella scintilla che ha contribuito alla rinascita di Forcella.
Oggi è uno dei napoletani più apprezzati al mondo, un esempio di tenacia, capace di attraversare i tempi, le mode e gli stereotipi. Un esempio di famiglia, con Annamaria al centro di ogni sua decisione.
È una storia che va raccontata, perché spesso dimentichiamo chi, con mille difficoltà, ha portato e continua a portare Napoli nel mondo.
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Storie vere della città di Napoli n.4: Quando conobbi Nino D’Angelo e il suo modo di essere artista
Racconti di vita vissuta: @Nino D’Angelo