A Napoli, la Befana si festeggia in più piazze da sempre. Dal Rione Sanità a Piazza del Plebiscito, con lo storico lancio delle caramelle dall’alto, fino al più antico e caratteristico appuntamento di Piazza Mercato.
Proprio qui in quello di piazza Mercato ricordo la storia del signor Antonio lo conobbi parecchi anni fa, proprio durante l’Epifania. Aveva una sua personale tecnica, sopraffina e affinata nel tempo, per acquistare calze, dolci e regali per i suoi tre figli. Lui, che come amava ripetere, era un disoccupato cronico.
Antonio aveva ideato e messo in pratica una strategia particolare che ripeteva ogni notte del 5 gennaio, sempre uguale, e sempre a Piazza Mercato, la piazza per eccellenza di Napoli. Qui, dalle 20:30 fino all’alba, migliaia di napoletani si riversano per acquistare caramelle, doni e regali per la Befana, che in città è incredibilmente più sentita del Natale.
Ogni 5 gennaio, puntualmente, il signor Antonio e sua moglie entravano in azione. Intorno alle 22:00, nel culmine dell’affollamento della piazza, si aggiravano tra le varie bancarelle, mettendo in scena un piccolo capolavoro teatrale che nemmeno Eduardo o Totò avrebbero mai potuto immaginare. Come dicevo, verso le 22:00, dopo aver esplorato le infinite bancarelle, il signor Antonio iniziava a inscenare un pianto. Un pianto così autentico che, devo ammetterlo, sembrava reale. Singhiozzava in modo talmente convincente che attirava subito l’attenzione dei passanti. Sua moglie lo sorreggeva, anch’essa disperata, come se avessero appena subito una disgrazia.
Quel pianto, accompagnato dal modo strascicato di camminare e dai lamenti della moglie, suscitava l’interesse di qualche anima buona che, preoccupata, si avvicinava per chiedere cosa fosse accaduto. Ed è a questo punto che entrava in scena la seconda parte del piano. Don Antonio, piangendo e con voce rauca, spiegava che era venuto, come ogni anno, a Piazza Mercato per comprare i regali per i suoi tre figli. Poi faceva una pausa, lasciava scendere qualche lacrima, e continuava la moglie:
“Mio marito ha messo da parte 100 euro per mesi, l’unico regalo che possiamo permetterci per la Befana. Ma pochi minuti fa, qualcuno gli ha rubato il portafoglio, e ora abbiamo perso tutto. È disperato, non per i soldi in sé, ma perché domani non sapremo cosa dire ai nostri figli, che non troveranno nulla nei loro calzini.”
Quelle parole, accompagnate dal pianto straziante di Don Antonio e dall’abilità teatrale della moglie, toccavano il cuore di molti. C’era chi si commuoveva e chi decideva di aiutarli: 20 euro, 50 euro, persino 100 euro. E così, bancarella dopo bancarella, zona dopo zona, Don Antonio e sua moglie raccoglievano una piccola fortuna. Una volta, addirittura, un gruppo di turisti toscani, colpiti dalla loro storia, fece una colletta e raccolse quasi 200 euro.
“Quell’anno,” ricordava Don Antonio, “riuscii a portare a casa oltre 1.000 euro. Una vera fortuna.”
Ma, come spesso accade a Napoli, c’era un’altra faccia della medaglia. È vero che Don Antonio e sua moglie avevano ideato quel piccolo stratagemma, ma è altrettanto vero che i figli non erano tre, bensì uno solo, Vincenzo, che non solo riceveva regali dai nonni a Natale, ma anche dai genitori per la Befana. Eppure, una parte di quel guadagno, ogni anno, veniva destinata a chi non poteva permettersi nulla. Il 6 gennaio, con parte del ricavato della sera precedente, Don Antonio e sua moglie compravano peluche e giocattoli da regalare ai bambini del quartiere, quelli che non ricevevano nulla né a Natale né alla Befana.
Ed è così che, pur con qualche furbizia, Don Antonio riusciva a regalare un sorriso a tanti piccoli che altrimenti non avrebbero avuto nulla. Questo è il senso profondo di Napoli: una città dove, anche nei momenti più difficili, l’egoismo cede il passo alla generosità.
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Storie verosimili della città di Napoli n. 93: Don Antonio e la magia dell’Epifania: tra il trucco della 100 euro e la sua originale generosità
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